Comprare o vendere diamanti: come individuare soggetti qualificati per non correre rischi.

Tra il 2011 e il 2016 larga parte delle banche italiane (Unicredit, Banco BPM, Intesa Sanpaolo e Banca Monte dei Paschi di Siena) procacciava clienti ad alcune società specializzate nella vendita di diamanti da investimento (come la Diamond Private Investment – DPI S.p.A e la Intermarket Diamond Business – IDB S.p.A) proponendo ai piccoli investitori la vendita di diamanti come bene rifugio.

Le modalità del piazzamento al pubblico dei diamanti sono state, tuttavia, ritenute illecite dall’Antitrust, dal Tar e dal Consiglio di Stato, che hanno ravvisato sia nell’operato delle banche sia in quello delle società venditrici omissioni sul fronte delle informazioni rese ai clienti, ingannevolezza dei messaggi diffusi, e quotazioni “gonfiate” che, di fatto, rendevano impossibile la successiva vendita dei diamanti sul mercato a prezzi pari o superiori rispetto a quelli di acquisto.

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La compravendita di diamanti attraverso canali bancari: la responsabilità degli Istituti di Credito

In questo articolo approfondiremo la questione relativa alla responsabilità degli Istituti di credito nell’ambito della compravendita di diamanti come operazioni di investimento, avuto riguardo in particolare all’obbligo della Banca di ristorare i danni patiti dagli investitori.

Nel 2017 L’Autorità Garante per la Concorrenza e del Mercato avviava il procedimento istruttorio PS10677 nei confronti delle società IDB S.p.A. e IDB Intermediazioni S.r.l. e accertava che le stesse avevano stipulato accordi commerciali con gli Istituti di Credito finalizzati alla vendita dei diamanti, che prevedevano una provvigione per l’istituto di credito; che i funzionari bancari, ai quali normalmente i clienti si rivolgevano per la consulenza sui propri investimenti, proponevano alla clientela l’acquisto dei diamanti come forma di investimento alternativa; che detti funzionari, vincolati dall’accordo di collaborazione con IDB, utilizzavano il materiale divulgativo predisposto da IDB per illustrare l’investimento e che in tale materiale l’acquisto di diamanti veniva proposto, per diversificare il patrimonio del cliente, come un “bene rifugio” idoneo a conservare il valore dei risparmi e di cui era agevole controllare l’andamento in ragione della periodica pubblicazione delle quotazioni IDB su quotidiani economico-finanziari; che essi curavano la compilazione e l’invio a IDB del modulo d’ordine di acquisto delle pietre preziose sottoscritto dal cliente, informavano il cliente stesso dell’esatto importo dell’investimento, organizzavano e presenziavano ad eventuali incontri tra cliente e IDB, nonché alla consegna della pietra, che avveniva nei locali della filiale, qualora il cliente non avesse richiesto la custodia presso i caveaux di IDB.

L’AGCM sanzionava quindi le società e gli Istituti di credito e il provvedimento sanzionatorio veniva confermato successivamente anche da TAR e Consiglio di Stato.

A fronte dello scandalo emerso a seguito di questi procedimenti gli investitori truffati intraprendevano delle cause per ottenere il risarcimento del danno patito.

Medio tempore interveniva il fallimento di IDB di talché la maggior parte dei contenziosi veniva promosso nei confronti degli Istituti di credito.

Il cambio di rotta

In questi anni si è assistito ad un cambio di rotta nella giurisprudenza di merito: in una fase iniziale i Tribunali e le Corti d’appello interessate delle singole cause tendevano ad escludere la responsabilità delle Banche in quanto il contratto era intercorso tra la società venditrice dei diamanti e il cliente della banca

Per tale motivo alcune sentenze hanno negato il risarcimento del danno in favore degli investitori.

Più di recente ha preso piede un orientamento che, può ormai definirsi maggioritario che ritiene configurabile in capo agli Istituti di credito una responsabilità da “contatto sociale”.

La responsabilità contrattuale del “contatto sociale” per la compravendita di diamanti

La responsabilità da “contatto sociale qualificato”, soggetta alle regole della responsabilità contrattuale, è ravvisabile quando, pur in assenza di un vincolo contrattuale, una relazione istauratasi tra due soggetti di cui uno esercente un’attività professionale qualificata, sia idonea ad ingenerare nell’altro un affidamento circa l’adempimento di obblighi di protezione ed informazione in ossequio al dovere di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost.; da tale relazione derivano a carico del soggetto qualificato obblighi di protezione e di informazione verso il soggetto considerato più debole (ex multis Cass. n. 24071/2017; v. n. 29711/2020).

L’Istituto di credito deve essere considerato soggetto qualificato per l’attività di compra-vendita di diamanti che svolge e quindi è tenuto a conformare la propria condotta in modo tale da non ledere l’affidamento legittimamente riposto dalla propria clientela nella serietà e trasparenza dello stesso.

Se la Banca, in corso di causa non prova di aver correttamente adempiuto agli obblighi di protezione e adeguata informazione sulla stessa gravante nei confronti della clientela, l’Istituto di credito deve ritenersi inadempiente con conseguente responsabilità contrattuale per violazione del dovere di buona fede e di diligenza qualificata e, quindi, obbligo risarcitorio.

Quanto all’accertamento del danno cagionato dalla condotta illecita, posto che la promozione e l’acquisto dei diamanti avveniva nei locali degli istituti di credito e per mezzo di propri funzionari, il danno che può ritenersi risarcibile è quello patrimoniale determinato nella misura della differenza tra il prezzo pagato dall’investitore per l’acquisto delle pietre preziose e il loro effettivo valore; la misura del danno va quindi individuata nella predetta differenza di valore tra il prezzo di mercato dei diamanti alla stregua dei listini internazionali e il prezzo di vendita.

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