La convivenza di fatto non dà maggiori diritti rispetto al matrimonio, a seguire una spiegazione in merito.

La fine dell’indissolubilità economica del matrimonio con la nuova convivenza di fatto del coniuge avente diritto all’assegno divorzile

L’assegno divorzile ha come presupposto fondamentale la tutela del coniuge debole dopo la fine del matrimonio.

Esso risponde al principio costituzionale di solidarietà coniugale (ex artt. 2 e 29 Cost.) ed ha funzione assistenziale.

Il presupposto che, per legge, fa venir meno l’obbligo alla corresponsione dell’assegno divorzile è la contrazione di un nuovo matrimonio (art. 5, co. 10, L. 898/1970).

Tale concezione ha determinato per anni l’indissolubilità economica del matrimonio sebbene vi fosse, nel nostro ordinamento, la dissolubilità dello stesso sul piano personale.

Infatti, il coniuge economicamente più forte, in virtù del dovere di solidarietà coniugale, doveva sostenere fino a che- è il caso di dirlo- “morte non vi separi” il coniuge economicamente debole o almeno queste erano le intenzioni del legislatore del 1970.

La situazione dei diritti della convivenza, oggi.

Oggi, da quel lontano 1970, molte cose sono mutate in primis le condizioni economiche dei soggetti deboli (il più delle volte donne), in secundis è mutato anche il punto di vista del legislatore del c.d. diritto vivente (rectius i giudici).

In questa prospettiva è opportuno evidenziare l’ultimo orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione del 3 aprile 2015, n. 6855.

diritti della convivenza di fatto rispetto al matrimonioLa sentenza richiamata è un vero e proprio overruling giurisprudenziale o una presa di posizione più cosciente nell’ottica de iure condito dei giudici della Corte.

La Cassazione, per la prima volta, ha affermato che l’esistenza di una famiglia di fatto non determina solo uno stato di “quiescenza” dell’obbligo di mantenimento, ma fa venir meno definitivamente il diritto all’assegno divorzile.

Secondo la Corte “l’instaurazione di una famiglia di fatto, quale rapporto stabile e duraturo di convivenza, attuato da uno degli ex coniugi, rescinde ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa convivenza matrimoniale”, venendo così meno ogni presupposto per la riconoscibilità, a carico del coniuge, di un assegno divorzile, fondato sulla conservazione di quel tenore di vita.

L’aspetto innovativo della sentenza è proprio nella motivazione posta a giustificazione dell’esclusione dell’assegno.

In passato, la convivenza di fatto non determinava alcun cambiamento per il coniuge obbligato (primo orientamento- Cass. Civ., n. 1096/2010) o, al massimo, poteva far derivare la quiescenza del diritto se si dimostrava che il nuovo nucleo familiare influiva in melius sulle condizioni economiche del coniuge avente diritto (Cass., Civ., n. 17195/2011), dunque rientrava come “fattore” in grado di incidere sul concetto di “adeguatezza” dei mezzi .

Oggi, invece, con la sentenza del 2015 (confermata con la recentissima ordinanza della Corte di Cassazione n. 2466/2016), s’intende dare maggior rilievo alla scelta di intraprendere una nuova vita familiare da parte dell’avente diritto all’assegno divorzile.

Scongiura degli aspetti parassitari

Sicuramente, il nuovo indirizzo giurisprudenziale ha il pregio di scongiurare atteggiamenti parassitari, ponendo un limite alle situazioni di abuso, in tutti i casi in cui il convivente, pur vivendo un rapporto affettivo consolidato con un nuovo partner, decide, poco eticamente, di non passare a nuove nozze, al solo scopo di non perdere il beneficio del mantenimento da parte dell’ex coniuge.

Resta, però, il problema della prova dell’esistenza del rapporto di fatto tra i conviventi e della natura della convivenza, che potrebbe in alcuni casi, non essere affettiva.

Oppure potrebbe esserci un vero legame affettivo con implicazioni economico-assistenziali tra i partners non supportata da alcuna stabile convivenza.

Conclusioni

È, quindi, necessario aspettare l’evoluzione giurisprudenziale e legislativa dei prossimi anni per comprendere fino in fondo la portata della pronuncia in essere.

Studio Legale Foschini Pagani