Sospese le procedure di pignoramento a causa della pandemia di COVID-19
Come espressamente previsto dall’art. 54-ter legge 27/2020, entrata in vigore il 30/04/2020, rubricato “Sospensione delle procedure esecutive sulla prima casa”:
“Al fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore”.
La disposizione avrebbe un fine esclusivamente socio-economico: attutire i drammatici riverberi della generale crisi del sistema produttivo provocata dalla pandemia in corso, con riguardo ai soggetti maggiormente deboli, quelli che nell’azione esecutiva vedono a rischio la propria abitazione.
La norma in commento ha carattere eccezionale, considerato che introduce una deroga a dei principi costituzionali (artt. 24, c. 1, e 111, c. 1, Cost.).
Sospensione dei procedimenti in corso
Di conseguenza, deve ritenersi che la medesima sia di stretta interpretazione e, pertanto, riguardi esclusivamente i procedimenti già pendenti, non anche quelli ancora da avviare.
Dunque l’art. 54 non impedisce al creditore di avviare il procedimento di espropriazione forzata, pignorando l’immobile che sia adibito ad abitazione principale del debitore, nonostante il relativo procedimento rimanga poi automaticamente sospeso.
Prima casa o Abitazione principale?
Dubbi rimangono anche sulla tecnica redazionale dell’articolo visto che vengono utilizzate due espressioni differenti: «prima casa» ed «abitazione principale del debitore».
Per “abitazione principale” si intende, ai sensi dell’art. 10, comma 3-bis del D.P.R. n. 917 del 1986, cd. T.U.I.R., “Quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente. Non si tiene conto della variazione della dimora abituale se dipendente da ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l’unità immobiliare non risulti locata”; la Circolare del Ministero delle Finanze del 29/12/1999, n. 247/E, precisa che “E’ consentito usufruire della deduzione anche quando in realtà il fabbricato costituisce la dimora principale soltanto dei familiari del contribuente stesso”.
L’abitazione principale deve essere quindi costituita da una sola unità immobiliare iscritta o iscrivibile in Catasto, ed è sufficiente che vi dimorino i familiari del titolare dell’immobile; per ragioni logico-sistematiche, al netto della definizione di “prima casa”, sarebbero irrilevanti le circostanze che l’immobile non sia l’unico di proprietà del debitore (la definizione di “abitazione principale” presupporrebbe per necessità logica la possibilità per il debitore di avere più di un immobile) e che sia una «abitazione di lusso», per le sue caratteristiche o per essere un fabbricato classificato nelle categorie catastali A/8 e A/9 (non rilevando, ai fini del processo civile, la legislazione in tema di agevolazioni fiscali).
Riguardo la residenza anagrafica quale criterio per individuare una “abitazione principale”, è opportuno tenere a mente il disposto dell’art. 44 c.c., a norma del quale “il trasferimento della residenza non può essere opposto ai tezi di buona fede, se non è stato denunciato nei modi prescritti dalla legge”.
Visto che il fine della norma è di tipo economico-sociale, a protezione dei debitori in situazione di difficoltà, la circostanza della residenza o abitazione nell’immobile esecutato deve rappresentare un antefatto del processo esecutivo (e quindi precedere cronologicamente la notifica del pignoramento) e deve, di necessità, essere ancora sussistente al momento dell’entrata in vigore della l. 24 aprile 2020, n. 27.
È dubbia l’applicazione per analogia delle norme fiscali sulla “prima casa”, previste dalla nota II-bis, art. 1, della Tariffa, Parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131.
Affinché si possa parlare di prima casa è infatti necessario che:
- l’immobile non sia di lusso;
- l’acquirente non possieda altro immobile abitativo nello stesso Comune;
- l’acquirente non possieda altri immobili, su tutto il territorio nazionale, acquistati con l’agevolazione “prima casa”;
- l’acquirente abbia la residenza oppure lavori nel Comune ove è situato l’immobile oppure vi trasferisca la residenza entro 18 mesi dall’acquisto.
Se il punto 4) viene assorbito dalla definizione di abitazione principale, i punti 1), 2), 3), sembrano essere requisiti specifici per alcune precise agevolazioni fiscali, non applicabili per analogia.
Provvedimenti e atti.
Non è chiaro se è necessario un provvedimento ad hoc per dichiarare la sospensione della singola procedura esecutiva oppure se tale sospensione sia automatica ex legge.
In entrambi i casi però andrebbe accertato se l’immobile oggetto di lite risulti o meno adibito ad abitazione principale del debitore.
Tale requisito potrebbe, in ipotesi, emergere dalla perizia del CTU o dal verbale di accesso del custode.
Quelli citati però sono atti facoltativi: non viene precisato come potrebbe operare il giudice, autonomamente, in tutti gli altri casi in cui debba accertare la destinazione ad abitazione principale dell’immobile pignorato.
È opportuno precisare che ove alla data del 30 aprile 2020 l’immobile pignorato sia già stato liberato, non è più attuale il presupposto applicativo della norma, con la conseguenza che la sospensione non opera: se l’immobile pignorato non è più adibito ad abitazione principale del debitore, il procedimento di espropriazione pendente può e deve proseguire regolarmente. Solo qualora non sia stato ancora attuato l’ordine di liberazione già pronunciato opererà la sospensione: esso potrà essere eseguito soltanto in data successiva al 30 ottobre 2020.
Ove nel periodo di sospensione legale, dal 30 aprile al 30 ottobre 2020, sia già fissata un’udienza del procedimento di espropriazione, peraltro, il giudice dell’esecuzione si trova nella necessità di pronunciare un provvedimento con cui si limita ad accertare la sussistenza dei presupposti di legge e rinvia il procedimento ad una data successiva.
Negli altri casi, per atti da compiersi fuori udienza, la questione è molto più delicata, visto che la circostanza che il procedimento pendente rientri nell’ambito applicativo dell’art. 54 o meno può essere dubbio, controverso o legittimamente ignorato da alcuni dei molteplici soggetti interessati.
La precauzione suggerisce, in ogni caso, di presentare al Giudice dell’Esecuzione un’istanza ad hoc.
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