La violazione del reciproco obbligo di fedeltà nell’era di internet e dei social network
La violazione di uno dei doveri coniugali (previsti dall’art. 143 c.c.) può essere il presupposto per una pronuncia della separazione con addebito (ex art. 151 c.c.).
La violazione dell’obbligo di fedeltà, la violazione dell’assistenza morale e materiale, la violazione della collaborazione nell’interesse della famiglia e della coabitazione possono essere oggetto di “colpa” nella separazione.
Perché, però, possa riconoscersi la separazione con addebito è necessario provare (in maniera rigorosa) che la violazione degli obblighi sopraddetti siano la conseguenza della crisi coniugale e dell’intollerabile prosecuzione della convivenza.
Diversamente, se la crisi matrimoniale è preesistente alla violazione, non ci potrà essere una pronuncia di addebito.
Con la condanna di addebito della separazione, il coniuge “colpevole” perde il diritto al mantenimento (ai sensi dell’art. 158 c.c.) e perde i diritti successori spettanti sull’eredità dell’altro coniuge (ai sensi dell’art. 458 c.c.), oltre alla possibilità di essere condannato ad un risarcimento in favore del coniuge “non colpevole”.
La separazione con addebito nell’era di Internet e dei Social Network
Dunque, analizzeremo ora una delle violazioni più frequenti ai nostri tempi: la violazione del reciproco obbligo di fedeltà.
Oggi, nell’era di internet e dei social network, frequenti possono essere i tradimenti “platonici” cioè quei tradimenti (se così si possono definire) avvenuti via internet o via telefono, senza però esserci stato l’incontro personale o carnale (c. d. contatto fisico).
A chi tradisce virtualmente può essere addebitata la separazione?
L’interrogativo testé descritto impone una preliminare riflessione sui confini del dovere di fedeltà coniugale, un obbligo che è andato innegabilmente ad evolversi nella interpretazione giurisprudenziale.
Se in passato la violazione dell’obbligo di fedeltà si riferiva alle condotte adulterine caratterizzate da relazioni sessuali, oggi più ampio è diventato il raggio d’azione dei comportamenti “infedeli“.
Il problema si pone, perché è sempre più frequente che il tradimento non è solo un fatto corporale, tanto più da quando, nel 2008, la Cassazione (con una prima pronuncia) ha associato la fedeltà alla lealtà, e quindi alla necessità di non ledere la fiducia del coniuge non solo in senso fisico ma prima ancora spirituale. (Cass., Civ., 11.6.2008, n. 15557).
L’obbligo viene oggi più dinamicamente ritenuto “non solo come impegno, ricadente su ciascun coniuge, di non tradire il rapporto di dedizione fisica e spirituale fra i coniugi, ma anche come impegno di non tradire la fiducia reciproca” (Cass., Civ., n. 9384/2018).
Questo consente di comprendere perché sia stata abbandonata la connotazione dell’infedeltà come esclusivamente sessuale, per avvicinare l’obbligo in esame al più dinamico dovere di “lealtà“, di “devozione” dei coniugi, nonché di “sacrificio” delle proprie personali scelte ed ambizioni in favore di “quelle imposte dal legame di coppia e dal sodalizio che su di esso si fonda”.
Il tradimento “Virtuale”
Dunque, quale tradimento virtuale giustifica la separazione con addebito?
Di fronte a casi di tradimenti non consumati ma ugualmente lesivi di un più elevato ideale di fedeltà, la Cassazione del 2008 afferma che “la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione non solo quando si sostanzi in un adulterio, ma anche quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge” (sic Cass., Civ., n. 15557/2008).
Ergo, secondo la Cass., Civ. n. 15557 del 2008, il tradimento solo sentimentale, discreto, ignoto all’ambiente sociale potrà di certo rendere intollerabile la convivenza e portare alla separazione; ma se non si appalesa in alcun modo «agli occhi dei terzi» (come si legge in sentenza) non sembrerebbe avere la necessaria carica lesiva per far scattare l’addebito.
Di parere differente è la giurisprudenza successiva, Cass. Civ. n. 9384 del 2018, che riconosce la possibilità di addebitare la separazione quando “la lealtà descritta s’incrina con la scoperta di particolari comportamenti, quand’anche non sia stata avviata o sviluppata alcuna relazione con soggetti terzi, purché possano essere ritenuti intollerabilmente lesivi dell’esclusività del vincolo matrimoniale”.
È necessario, a questo punto, fare una considerazione in merito la pronuncia dell’addebito che non può più fermarsi al superficiale riscontro di una condotta contraria al codice etico matrimoniale, ma deve spingersi ad effettuare una sorta di indagine approfondita del rapporto di coppia.
Infedeltà, come valutare l’addebito
È necessario, a questo punto, fare una considerazione in merito la pronuncia dell’addebito che non può più fermarsi al superficiale riscontro di una condotta contraria al codice etico matrimoniale, ma deve spingersi ad effettuare una sorta di indagine approfondita del rapporto di coppia.
Per comprendere se l’’infedeltà è addebitabile è necessario calarsi a fondo nelle dinamiche di coppia, per selezionare tra gli atti infedeli quelli responsabili della fine del rapporto, isolandoli da quelli successivi a un matrimonio già naufragato, così da giustificare l’addebito «sol quando sia accertata l’esistenza del nesso causale fra tradimento e crisi della coppia».
È appunto qui che si connota quel diverso apprezzamento del nesso causale.
Non ogni atteggiamento apparentemente indicativo di condotte adulterine merita di essere automaticamente (e rigidamente) incluso nei confini dell’infedeltà: un simile comportamento, capace di ingenerare nel coniuge la convinzione di un tradimento della fedeltà reciproca, può semmai avere rilievo quando si è manifestato con una particolare carica lesiva della dignità, dell’onore e della personalità morale dell’altro coniuge, ledendo quindi il “rispetto” dello stesso.
In tali casi, anche se è ineccepibilmente escluso che lo scambio interpersonale ed extraconiugale sia culminato in una relazione carnale o sentimentale e sia stato ingenerato nel consorte solo un plausibile sospetto di infedeltà, preme considerare i comportamenti tenuti dai entrambi i coniugi durante il matrimonio, le modalità con cui i coniugi hanno deciso di attuare gli obblighi coniugali e, soprattutto, gli aspetti esteriori con cui è coltivata (la condotta) e dell’ambiente in cui i coniugi vivono.
Solo allora il comportamento può essere ritenuto in violazione dei doveri coniugali e, se causale della intollerabilità della prosecuzione della convivenza, può costituire fondamento per l’addebito della separazione al coniuge apparentemente fedifrago.
Dunque, l’immediata conseguenza di tale assunto è l’attribuzione di un ulteriore dovere a carico del giudice di merito di procedere ad una valutazione complessiva degli elementi emersi e riferirli alla formazione culturale, alla sensibilità ed al contesto interno della vita dei coniugi.
In conclusione la possibilità di addebitare la separazione in caso di tradimento virtuale deve essere valutata caso per caso, facendo attenzione a non applicare l’addebito a qualsiasi condotta apparentemente fedifraga ma sostanzialmente non lesiva.
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