Profilo “fake” su Facebook: quali tutele?
Aprire un account su Facebook allo scopo di fingersi un’altra persona può integrare il reato di sostituzione di persona, perseguibile d’ufficio e sanzionato dal Codice Penale all’art. 494 “Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino ad un anno”.
In una sentenza del 29 di aprile del 2014 il Tribunale di Trento, rifacendosi ad una massima della Cassazione di qualche anno prima – anche se in tema di account fasullo di posta elettronica (Cass. Sez. V, n. 46674 del 08/11/2007) – riconosceva infatti l’integrazione di tale ipotesi delittuosa anche se perpetrata a mezzo del popolare social network.
Ai fini della punibilità, la legge richiede la concorrente presenza di due elementi, uno “oggettivo” e l’altro “soggettivo”. Il soggetto agente deve, in primo luogo, aprire un account appropriandosi delle generalità di un’altra persona in modo idoneo a trarre in inganno gli utenti, che crederanno così di relazionarsi con la vittima; in secondo luogo, si richiede il concorso del “dolo specifico” di “procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno”. Non è importante quale tipo di danno o vantaggio voglia ottenere l’agente e, inoltre, un consolidato orientamento della Suprema Corte precisa che “non occorre che il vantaggio venga in concreto raggiunto, bastando il qualificato proposito criminoso” (Cass., Sez. V, n. 340 del 17/02/1967 e successive).
Tipologie di reati connessi ad un “fake” account
Come facilmente intuibile, l’autore del profilo fake potrebbe volerlo utilizzare per commettere ulteriori reati. La casistica in materia è varia: atti sessuali con minore – con l’aggravante dell’utilizzo del social network come “modalità subdola dell’adescamento” (Cass., Sez. III, n. 7006 del 14/02/2018) – stalking (Cass., Sez. V, n. 57764 del 28/11/2017), minaccia, diffamazione aggravata… In ambito civilistico, anche aprire una pagina su Facebook con il nome di un’azienda esistente potrebbe integrare gli estremi di un’indebita e lesiva appropriazione del marchio altrui, con la conseguenza di dover corrispondere un risarcimento per il danno all’immagine o per concorrenza sleale.
Che fare, dunque, se si scopre che qualcuno ha aperto un profilo social utilizzando i propri dati e foto? Qualora la condotta illecita sia limitata ad un illegittimo uso da parte di terzi delle proprie generalità, la soluzione migliore appare quella della segnalazione del fatto al gestore della piattaforma, possibilmente invitando i propri conoscenti a fare lo stesso. Altrimenti sarà opportuno presentare un esposto o una denuncia alla Polizia Postale, allegando il nome del profilo incriminato, l’ID (“identity document”) dell’utente e qualunque altra prova utile (stampe e screenshot, vd. Cass., Sez. V, n. 8736 del 22/02/2018). La Polizia Postale chiederà l’autorizzazione del Pubblico Ministero per avviare le indagini e identificare il soggetto responsabile dell’abuso.
A ben vedere, tuttavia, la creazione di un profilo fake implica generalmente anche il trattamento illecito di dati personali altrui. La vittima, venuta a conoscenza del profilo, ha quindi il diritto di inoltrare una richiesta di accesso ai propri dati personali alla piattaforma web, tramite raccomandata, via email o modulo informatico, chiedendo di avere una copia di tutti i dati che lo riguardano e la cancellazione e il blocco del falso account e dei dati illecitamente inseriti. Qualora il social network non ottemperi alla richiesta e sia presente sul territorio italiano e europeo con un’organizzazione stabile, sarà possibile presentare un ricorso al Garante per la protezione dei dati personali, il quale potrà inibire alla piattaforma l’ulteriore trattamento dei dati dell’interessato.
I diritti della vittima
Vale la pena ricordare il provvedimento n. 56 adottato dal Garante in data 11 febbraio 2016, secondo il quale la vittima di un account fasullo “ai sensi della normativa italiana, è legittimato ad accedere a tutti i dati che lo riguardano, ivi compresi quelli inseriti e condivisi nel social network Facebook dal falso account, trattandosi di informazioni, fotografie e contenuti che si riferiscono alla sua persona”. Il Garante, ritenute insufficienti le istruzioni per l’accesso ai propri dati fornite dalla piattaforma, ordinava pertanto a Facebook di:
- bloccare l’account fasullo, conservandone una copia ai fini della eventuale acquisizione da parte dell’autorità giudiziaria;
- comunicare al ricorrente, in forma intelligibile, tutti i dati riferibili a profili Facebook aperti a suo nome e la loro origine; finalità, modalità e logica del trattamento dei dati; estremi identificativi del titolare e del responsabile del trattamento; i soggetti venuti a conoscenza dei dati.
Naturalmente, la vittima della sostituzione di persona potrà in ogni caso adire l’Autorità giudiziaria per ottenere il risarcimento di tutti i danni patiti.
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