Le misure di sostegno alla vulnerabilità come specificato dalla legge n. 6 del 2004
L’Amministrazione di sostegno: la legge n. 6 del 2004 ha riscritto gli artt. da 404 a 413 c.c., ridefinendo le misure di sostegno alla vulnerabilità.
Tradizionalmente, gli istituti per limitare la capacità giuridica dei soggetti fragili hanno avuto l’obiettivo di tutelare il patrimonio del soggetto e della sua famiglia.
L’esigenza di istituti più flessibili e rispettosi della dignità del soggetto debole, avvertita e segnalata per decenni da un ampio movimento di giuristi, psicologi e operatori sociali, è sfociata nell’ampia riforma del 2004.
Con la nuova legge si è superata l’anacronistica concezione codicistica dell’infermità mentale, tipica del primo novecento, adeguando la normativa ai principi della carta costituzionale del ’48.
Chi è l’Amministratore di Sostegno
L’Amministrazione di Sostegno (AdS), in poche parole, è un istituto finalizzato a tutelare le persone prive in tutto o in parte di autonomia e indipendenza nel compimento delle funzioni della vita quotidiana.
A differenza di istituti simili, come l’interdizione e l’inabilitazione, l’amministratore di sostegno ha una natura flessibile, che si può adattare molto meglio ai casi specifici, senza lasciare la persona vulnerabile e bisognosa di aiuto con uno stigma limitante e lesivo della dignità personale.
È un istituto “cucito su misura” che può adattarsi a moltissime situazioni complesse riguardanti disabilità psichiche o fisiche, stati di tossicodipendenza, patologie legate al gioco d’azzardo, anziani non autosufficienti.
Il ruolo dell’Amministratore di Sostegno
Il codice riformato prevede che l’amministratore di sostegno sia nominato con decreto dal giudice tutelare del luogo in cui il soggetto da amministrare ha la residenza o il domicilio.
Gli effetti del decreto sono contenuti visto che il beneficiario “conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno” e “può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana” (art. 409 c.c.).
In altre parole, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno potrà concludere senza problemi contratti che abbiano ad oggetto comuni beni di consumo o l’uso dei pubblici servizi.
Potrà anche concludere validamente dei contratti di lavoro, nei limiti in cui tali attività negoziali non lo espongano ad un rilevante pregiudizio.
Egli, dunque, è pienamente capace nell’esercizio dei propri diritti, e può compiere molti atti di natura personale e patrimoniale. Sarà anche capace di disporre dei diritti su cui fosse sorta controversia (cioè potrà farli valere davanti ad un giudice) tutte le volte in cui i suddetti diritti non ricadano nell’area della sua incapacità.
Potrà, ad esempio, farsi rimborsare un biglietto del treno in caso di soppressione della corsa.
Nomina dell’Amministratore di Sostegno
Il procedimento per ottenere il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno è semplice: il Giudice Tutelare del luogo in cui il soggetto che si vuole assistere ha residenza o domicilio nomina l’amministratore di sostegno entro 60 giorni dalla presentazione della richiesta, con un decreto motivato, immediatamente esecutivo.
È data al Giudice Tutelare anche la facoltà di adottare i provvedimenti urgenti necessari per “la cura della persona interessata e per la conservazione del suo patrimonio” (405, c. 4, c.c.).
Il decreto del giudice conterrà le generalità dell’amministratore e dell’amministrato, i limiti temporali del sostegno e, soprattutto, l’oggetto dell’incarico e l’elenco degli atti che l’AdS avrà la facoltà di compiere nell’interesse dell’amministrato.
L’amministratore dovrà periodicamente rendere conto della propria attività e delle condizioni in cui versa il beneficiario allo stesso giudice che ha emanato il decreto.
Chi può chiedere un Amministratore di Sostegno
Possono chiedere l’AdS il beneficiario, interdetto o inabilitato, anche se minore, i soggetti che hanno la facoltà di presentare istanza di interdizione o di inabilitazione. Sono il coniuge, la persona stabilmente convivente, i parenti entro il quarto grado o gli affini entro il secondo, il tutore e il curatore, oltre al pubblico ministero.
Da sottolineare la grande novità introdotta con il nuovo art. 406 c.c., che dispone per la prima volta un obbligo per i dipendenti del comparto socio-sanitario. Ora, infatti, “i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura ed assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre al Giudice Tutelare il ricorso o a fornirne comunque notizia al Pubblico Ministero”.
Si tratta di una rivoluzione copernicana, e introduce l’esplicito dovere dello Stato di proteggere i soggetti deboli, nel pieno rispetto dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale sanciti dall’art. 2 della Costituzione.
Il legislatore ha previsto la facoltà di “ripiegare” sull’AdS anche nel caso in cui sia già iniziato un giudizio di inabilitazione o interdizione: infatti, “se nel corso del giudizio di interdizione o inabilitazione appare opportuno applicare l’amministrazione di Sostegno, il giudice, d’ufficio o ad istanza di parte, dispone la trasmissione del procedimento al giudice tutelare” (art. 418 c.c.).
Il legislatore ha dunque previsto l’AdS come la misura preferibile, e anche la Corte di Cassazione, come la Corte Costituzionale, ha ritenuto che la scelta, fatta dal Giudice Tutelare, tra interdizione, inabilitazione e AdS va effettuata non tanto sulla base della “gravità”, sull’“irreversibilità” o sulla “natura” dell’infermità, ma sulla base del criterio della maggiore idoneità a soddisfare le specifiche esigenze di protezione del soggetto amministrato.
Doveri dell’Amministratore di Sostegno – Tutele per l’Amministrato
A tutela dell’amministrato, inoltre, sono disposte ulteriori limitazioni all’azione dell’amministratore: deve prestare giuramento e non può acquistare beni, diritti o crediti del beneficiario, nemmeno tramite disposizione testamentaria: è nulla ogni disposizione in suo favore (a meno che non sia coniuge, convivente stabile o parente entro il quarto grado).
L’amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata.
In mancanza, oppure in presenza di gravi motivi, il giudice tutelare può designare con decreto motivato anche un amministratore di sostegno diverso. Nella scelta, il giudice tutelare deve preferire, se possibile, il coniuge non separato, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado o il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata”, lasciando pochi margini all’interpretazione, nell’interesse del soggetto vulnerabile.
I doveri dell’amministratore sono regolati in modo chiaro: “nello svolgimento dei suoi compiti” egli deve “tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario” e deve “informare il beneficiario circa gli atti da compiere nonchè il giudice tutelare in caso di dissenso con il beneficiario stesso” (art. 410 c.c.).
E’ poi stabilito che in caso di contrasto o di negligenza nel perseguire l’interesse e nel soddisfare i bisogni o le richieste del beneficiario, quest’ultimo, il pubblico ministero o gli altri soggetti abilitati a proporre istanza possono ricorrere al giudice tutelare, che adotterà gli opportuni provvedimenti con un nuovo decreto.
Infine, a tutela dell’Amministrato e della sua stabilità, è disposto che “l’amministratore di sostegno non è tenuto a continuare nello svolgimento dei suoi compiti oltre dieci anni, ad eccezione dei casi in cui tale incarico è rivestito dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dagli ascendenti o dai discendenti”.
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