“Il nostro amministratore di Condominio è scappato con la cassa dopo aver prelevato abusivamente i soldi del nostro stabile per pagare i buchi di bilancio causati in un altro Condominio. Cosa possiamo fare?”
Giorgio – Bologna
Abbiamo avuto recentemente un caso similare che sintetizzo così: il Condominio Alfa, tramite il proprio amministratore Tizio, emette assegni bancari in favore del Condominio Beta, amministrato dallo stesso Tizio, che vengono regolarmente incassati. Tra i due Condomini, a parte il fatto di essere amministrati da Tizio, non sono mai esistiti rapporti di qualsivoglia natura. Può il Condominio Alfa pretendere la restituzione di quanto ha pagato? Se sì nei confronti di chi deve promuovere l’azione giudiziaria?
In primis, occorre dare una risposta affermativa alla prima domanda sopra indicata, precisando che la pretesa restitutoria del Condominio Alfa deve essere fatta valere direttamente nei confronti del Condominio Beta.
Ciò in quanto Tizio, amministratore di entrambi i Condomini, ha emesso gli assegni bancari in nome e per conto del Condominio Alfa in favore del Condominio Beta che, sempre tramite l’attività materiale di Tizio, li ha regolarmente incassati sul proprio conto corrente.
A tal proposito si evidenzia che: “La ripetizione d’indebito oggettivo, che rappresenta un’azione di natura restitutoria e non risarcitoria personale, è circoscritta tra il “solvens” ed il destinatario del pagamento, sia che questi lo abbia incassato personalmente sia che l’incasso sia avvenuto a mezzo di rappresentante. Ne consegue che deve essere esclusa la legittimazione passiva in proprio del rappresentante in un’azione promossa ai sensi dell’art. 2033 cod. civ. al fine di ottenere la restituzione di somme versate al medesimo in tale specifica qualità, spettando tale legittimazione esclusivamente al rappresentato” (Cass. 7871/2011).
Tutt’al più il Condominio Beta avrebbe potuto formulare un’istanza di autorizzazione alla chiamata in causa dell’amministratore Tizio al fine di far valere la sua responsabilità quale mandatario, per il caso di soccombenza.
In alternativa il Condominio Beta avrebbe potuto promuovere un’autonoma azione civile nei confronti di Tizio per responsabilità contrattuale da mala gestio o azionare un procedimento penale nel caso in cui il non corretto utilizzo del denaro condominiale da parte di Tizio fosse configurabile come un vero e proprio reato (appropriazione indebita, truffa ecc.).
La pretesa restitutoria del Condominio Alfa nei confronti del Condominio Beta va inquadrata nell’alveo di quanto previsto dall’art. 2033 c.c.: “Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto a ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda”.
Nell’ordinamento italiano è definibile pagamento di indebito “l’esecuzione di una prestazione non dovuta”. Secondo quanto previsto dall’art. 2033 c.c. il soggetto che compie l’azione (solvens) è tenuto a dimostrare da un lato l’esistenza del pagamento e dall’altro che la somma pagata non era dovuta, ovvero che mancava la causa dello stesso.
Provate entrambe le circostanze, colui che ha ricevuto (accipiens) il pagamento non dovuto è tenuto alla sua restituzione.
Il regime degli interessi legali maturati sulla somma indebitamente pagata viene determinato sulla base dell’ulteriore prova, a carico del solvens, dell’avvenuta percezione in mala fede del denaro da parte dell’accipiens. Ove tale prova non venga fornita l’accipiens sarà tenuto a corrispondere soltanto gli interessi maturati dal giorno della domanda, mentre, nel caso contrario, dalla data di avvenuto pagamento.
Dunque, con riguardo al quesito in esame, ove risulti confermato che le somme indebite (ossia il passaggio di denaro privo di giustificazione dall’un conto corrente all’altro) sono state incassate dal Condominio Beta, allora va senz’altro ripristinata la situazione precedente mediante la restituzione al Condominio Alfa di quanto pagato senza causa.
Tale fattispecie è stata oggetto, negli ultimi tempi, di numerosi contenziosi presso il Tribunale di Bologna che ha riconosciuto la bontà della ricostruzione giuridica appena esposta; tra le tante si cita una delle ultime ordinanze: “Nessuno di tali pagamenti era dovuto dal CONDOMINIO ricorrente [Alfa] al CONDOMINIO resistente [Beta]. Infatti tra i due enti condominiali non vi era alcun rapporto che giustificasse i passaggi di denaro dall’uno all’altro. […] Risultando così provato che il CONDOMINIO resistente è stato il destinatario di pagamenti non dovuti da parte del CONDOMINIO ricorrente, la domanda principale da quest’ultimo formulata ex art. 2033 c.c. va accolta”.
L’art. 2041 stabilisce che: “Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. Qualora l’arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata, colui che l’ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda”.
L’ingiustificato arricchimento o arricchimento senza causa è un vantaggio di natura patrimoniale conseguito da un soggetto a danno di un altro, senza che il primo abbia titolo ad ottenerlo a spese del secondo in virtù di un negozio giuridico o di altra fonte di obbligazione.
Tuttavia si evidenzia l’opportunità di esperire in sede giudiziale, in via subordinata, l’azione sussidiaria prevista dall’art. 2041 c.c., anche perché i Tribunali di merito, in taluni casi, hanno ricondotto la fattispecie in esame all’istituto dell’arricchimento senza causa e non a quanto previsto dall’art. 2033 c.c..
La relativa azione ha però carattere residuale e sussidiario, potendo essere utilizzata solo in mancanza di altra tutela (che, come già visto, potrebbe essere individuata dall’art. 2033 c.c.).
Nel caso in esame non sussiste alcun tipo di obbligazione (contrattuale o extracontrattuale) in grado di giustificare e legittimare il trasferimento della somma dal conto corrente del Condominio Alfa a quello del Condominio Beta. La giurisprudenza si è più volte pronunciata riguardo ai principi contenuti nell’art. 2041 c.c. riscontrando sì il carattere residuale dell’azione, ma allo stesso tempo individuando l’ambito di applicazione nel caso in cui manchi il titolo giuridico idoneo a giustificare lo spostamento di ricchezza: “Si ha ingiustificato arricchimento se il vantaggio di una parte consegue a una prestazione effettuata dall’altra parte in assenza di un titolo giuridico valido ed efficace” (Cass. Civ. sent. n. 3610/2001).
Dunque, in altri termini, l’applicabilità dell’azione di arricchimento senza causa, richiede che l’arricchimento di un soggetto e la corrispondente diminuzione patrimoniale di un altro soggetto siano legati tra loro da un nesso di interdipendenza necessaria e siano, quindi riconducibili ad uno stesso ed unico fatto causativo, nonché la mancanza, per entrambi, di una giustificazione giuridica. Requisiti che sono pienamente riscontrabili nel caso di cui al quesito: l’emissione dell’assegno e il suo incasso hanno provocato un arricchimento del conto corrente del Condominio Beta e un corrispondente impoverimento del conto corrente del Condominio Alfa. Anche in questo caso alla restituzione della somma in linea capitale si deve aggiungere la corresponsione degli interessi: secondo l’orientamento più restrittivo gli interessi decorrono dalla proposizione della domanda di ingiustificato arricchimento anche se non mancano decisioni che ne riconoscono la decorrenza dal giorno dell’arricchimento.
Per evitare la prescrizione del diritto restitutorio entrambe le azioni devono essere esercitate entro il termine di dieci anni dall’avvenuto pagamento.