Nelle compravendite immobiliari la figura del mediatore è oggigiorno di fondamentale importanza.
L’ampia offerta e la domanda non più elevata come un tempo infatti hanno valorizzato la figura dell’agente d’affari in mediazione, il quale coadiuva ed accompagna le parti in tutto il lungo e complicato percorso della compravendita immobiliare.
L’elevata specializzazione richiesta alla figura del mediatore è riconosciuta anche dalla legge, la quale prevede che tale professione possa essere esercitata solo da chi abbia preventivamente superato un esame volto ad accertarne l’attitudine e le capacità professionali e si sia successivamente iscritto al registro degli agenti immobiliari.
Di frequente accade però che soggetti non qualificati e senza titolo svolgano abusivamente la professione, arrecando un danno sia alle parti della compravendita, le quali si affidano a soggetti non preparati, sia a tutti gli altri mediatori che hanno invece investito tempo e denaro nella formazione.
Esercizio abusivo della professione di mediatore immobiliare ed evasione fiscale
Di particolare importanza è l’art. 35, comma 22 del D.L. 223/2006, poi convertito con modificazioni nella L. 248/2006, il quale prevede l’obbligo per le parti (acquirente e venditore) di dichiarare in sede di rogito se si sono avvalsi dell’attività di un mediatore.
La stessa norma prevede che, in caso affermativo, di tale mediatore debbano essere dichiarate le generalità, il codice fiscale, il numero di iscrizione al registro degli agenti d’affari in mediazione e l’indicazione della somma corrisposta a titolo di provvigione con relativa modalità di pagamento.
Il legislatore ha previsto tale dichiarazione al fine sia di combattere l’evasione fiscale, rendendo di fatto tracciabili tutte le transazioni effettuate a titolo di provvigione, sia l’esercizio abusivo della professione di mediatore immobiliare, in quanto qualora il mediatore non risultasse iscritto al ruolo degli agenti d’affari in mediazione vi è l’obbligo per il notaio stesso di effettuare la segnalazione all’Agenzia delle Entrate competente (art. 35, comma 22.1. D.L. 223/2006).
Tale disposizione ha presto svelato le sue criticità: sul lato pratico, infatti, spesso accade che vi sia disaccordo tra le parti ed il mediatore sull’an e sul quantum debeatur, rendendo così di fatto la disposizione di difficile applicazione. Può accadere che le parti, pur consapevoli della sanzione prevista in caso di mancata o mendace dichiarazione, omettono di dichiarare l’operato del mediatore o dichiarano di avergli corrisposto una cifra inferiore rispetto a quella pattuita.
Come può tutelarsi il mediatore?
Iniziamo col dire che non è possibile per il mediatore chiedere direttamente al notaio che venga inserita nel rogito la dichiarazione di cui sopra, in quanto unici legittimati sono, come detto, il venditore e l’acquirente.
Il notaio, anche se fosse a conoscenza di una diversa situazione di fatto, deve limitarsi ad autenticare le dichiarazioni che vengono rese dalle parti.
Si deve comunque evidenziare che la mancata, incompleta o mendace dichiarazione non è in alcun modo ostativa al recupero del credito qualora la provvigione non venisse pagata. A prescindere da quanto dichiarato dalle parti, infatti, il mediatore ha diritto di agire giudizialmente per vedersi riconosciuto il diritto a percepire la provvigione.
Per questo è buona norma conservare tutta la documentazione che può consentire al Giudice di verificare la fondatezza della richiesta di condanna al pagamento della provvigione (come ad esempio il contratto di incarico, i fogli di visita sottoscritti, il preliminare di vendita ecc..).
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