Fideiussione: come estinguerla e liberarsi dalla garanzia?
Cos’è la Fideiussione e perchè stipularla
In tema di mutuo bancario, capita di frequente che a fronte della concessione di un prestito, la banca concedente richieda una garanzia ad un soggetto terzo, per salvaguardarsi in caso di inadempimento del mutuatario.
Tale garanzia viene chiamata fideiussione ed è disciplinata dall’art. 1936 c.c., che definisce “…fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione”.
Il debitore principale non è pertanto parte del contratto di fideiussione e potrebbe anche non esserne neppure a conoscenza; tuttavia alla responsabilità di quest’ultimo si aggiunge quella del “garante”.
Si tratta, perciò, di una garanzia personale, in quanto il creditore può soddisfarsi sul patrimonio di una persona diversa dal debitore principale.
L’obbligazione scaturente dalla fideiussione è, dunque, solidale e “accessoria”, seguendo sempre le vicende di quella principale, come si evince dal fatto che il creditore non può esigere dal fideiussore una somma maggiore rispetto a quella dovuta dal debitore principale né possono applicarsi al fideiussore condizioni più onerose rispetto a quelle in essere tra creditore e debitore.
Alla luce di ciò, il creditore – ad esempio, la banca – può decidere di pretendere l’intera somma dovuta sia dal debitore principale che dal fideiussore, anche se, generalmente, questa tipologia di contratto prevede l’obbligo di previa escussione del primo e, soltanto in caso di insolvenza di quest’ultimo, si procederà contro il garante, esperendosi la cd. escussione della fideiussione.
Come estinguere la fideiussione
Dopo aver chiarito la natura e la finalità del contratto di fideiussione, occorre ora concentrarsi sulla sua estinzione.
Orbene, in primo luogo, il rapporto fideiussorio si esaurisce quando viene totalmente adempiuta l’obbligazione principale, posto che se il debitore paga regolarmente, il creditore non ha motivo né interesse di agire contro il garante.
In alternativa, un altro caso (nella realtà rarissimo) in cui è palese lo scioglimento del rapporto si verifica quando il creditore, di sua volontà, libera il fideiussore, rinunciando alla garanzia da questo prestata.
Di norma, il fideiussore non può sciogliersi unilateralmente dall’impegno assunto, senza il consenso espresso del creditore. Del resto, lo scopo della fideiussione è proprio quello di aumentare il patrimonio disponibile aggredibile.
Tuttavia, la Suprema Corte ha altresì operato un’importante precisazione, distinguendo tra casi in cui il contratto principale abbia un termine ovvero sia a tempo indeterminato.
Nel primo caso, quando al contratto principale di durata è apposto un termine, non è consentito il recesso anticipato del fideiussore; differentemente, nel secondo caso, quando il contratto principale è stipulato a tempo indeterminato, si ammette il recesso, dandone comunicazione scritta al creditore, fermo restando che tale dichiarazione liberatoria avrà valore soltanto per i debiti maturati successivamente al recesso, mentre per quelli eventualmente già sussistenti persisterà la responsabilità solidale tra il debitore principale ed il fideiussore.
A conferma di ciò, una pronuncia della Cassazione prevede che “…il recesso del fideiussore dalla garanzia prestata per i debiti di un terzo, derivanti da un rapporto destinato a prolungarsi nel tempo, produce l’effetto di circoscrivere l’obbligazione accessoria al saldo del debito esistente al momento in cui il recesso è divenuto efficace” (ex multis, Cass. sent. 12263/2015 e Cass. sent. 9848/2012).
In sintesi, il garante rimarrà obbligato in via solidale al pagamento del debito esistente alla data di scioglimento del rapporto, costituente il massimale della garanzia.
Al di fuori dell’ipotesi di recesso, il Codice Civile prevede altre possibili cause di estinzione della fideiussione.
L’art. 1956 c.c. prevede la liberazione del fideiussore per un’obbligazione futura, qualora il creditore, abbia fatto credito al debitore, senza la preventiva autorizzazione del garante, seppur conoscendo che le condizioni economiche dello stesso erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito.
Se, in mancanza di tale autorizzazione, il creditore fa credito al debitore principale, il fideiussore è libero. (Cass. sent. 3525/2009).
Si ricordi, però, che “…la mancata richiesta di autorizzazione non può configurare una violazione contrattuale liberatoria, se la conoscenza delle difficoltà economiche in cui versa il debitore principale è comune, o dev’essere presunta tale…”, come nell’ipotesi in cui debitrice sia una società nella quale il fideiussore ricopre la carica di amministratore (Cass. sent. 3761/2006).
Facendo specifico riferimento ai contratti di mutuo bancario, “…la banca che concede finanziamenti al debitore principale, pur conoscendone le difficoltà economiche, fidando nella solvibilità del fideiussore, senza informare quest’ultimo dell’aumentato rischio e senza chiederne la preventiva autorizzazione, incorre in violazione degli obblighi specifici e generici di correttezza e di buona fede contrattuale…” (Cass. sent. 16827/2016).
Questa violazione costituisce un valido motivo affinché il garante agisca in giudizio per chiedere la risoluzione del contratto. Gli articoli 1955 e 1957 c.c. disciplinano due ulteriori ipotesi di possibile liberazione del fideiussore.
Nel primo caso essa è dovuta ad un fatto del creditore, che costituisca violazione di un dovere giuridico, integrante un fatto quantomeno colposo, o comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio giuridico, che si concretizza nella perdita del diritto di surrogazione e/o di regresso ex artt. 1949 e 1950 c.c. e non della mera maggior difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del patrimonio del debitore (Cass. ord. 4175/2020).
Nel secondo caso, invece, si ha l’estinzione della fideiussione se alla scadenza dell’obbligazione principale, il creditore non si sia attivato tempestivamente, agendo contro il garante, in caso di inadempimento del debitore principale, decadendo, così, da tale diritto.
Infine, un ultimo caso in cui il fideiussore viene liberato si verifica quando viene conclusa una transazione fra il creditore ed il debitore principale, dato che in siffatta ipotesi le parti raggiungono un accordo per eliminare la situazione debitoria.
Conclusioni
Al fine di determinare quando si estingua il rapporto fideiussorio, occorre innanzitutto distinguere tra i casi in cui l’obbligazione principale sia stata conclusa a tempo determinato da quelle a tempo indeterminato, posto che nel primo caso non sarà concesso al fideiussore-garante di recedere prima del termine, salvo il consenso del creditore.
Diversamente, nel secondo caso, oltre alle ipotesi espressamente disciplinate dal legislatore, al fine di evitare che il fideiussore resti vincolato a vita, gli è concesso il recesso, motivandolo, mediante comunicazione scritta e con efficacia soltanto ex post, ferma restando la solidarietà con il debitore per eventuali debiti già maturati.
Di norma, quindi, nella maggior parte dei casi, la fideiussione è attiva per lo stesso termine entro cui le prestazioni garantire devono essere eseguite.
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