La Corte di Cassazione, con una recentissima ordinanza, si è pronunciata sul tema del diritto dell’appaltatore al corrispettivo nell’ipotesi in cui il committente agisca per il risarcimento del danno derivante dal suo inadempimento.
Il caso
Nell’ambito di un contratto di appalto per lavori privati, la società appaltatrice citava in giudizio la committente chiedendo il pagamento del corrispettivo per i lavori di ristrutturazione eseguiti in forza del menzionato contratto.
La committente si costituiva in giudizio chiamando in causa il direttore dei lavori e chiedendo, in via riconvenzionale, la risoluzione del contratto con l’appaltatrice per inadempimento o, in subordine, la riduzione del prezzo – in quanto lamentava che le opere realizzate fossero affette da vizi e difformità – nonché il risarcimento dei danni.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano la domanda di pagamento dell’appaltatrice e anche le domande della committente, ivi compresa quella di risarcimento del danno.
La questione giungeva in Cassazione la quale, con l’ordinanza n. 27042 del 18 ottobre 2024, ha esaminato il tema del diritto dell’appaltatore al corrispettivo nelle ipotesi di richieste di risarcimento danni da parte del committente.
Il diritto dell’appaltatore al corrispettivo
Il diritto al corrispettivo nel contratto d’appalto trova la sua disciplina nell’art. 1657 c.c., il quale stabilisce che, se le parti non hanno provveduto alla sua quantificazione, il relativo ammontare è determinato sulla base delle tariffe esistenti o degli usi o, in subordine, dal Giudice.
Sul punto, la Suprema Corte ha stabilito che, nel caso in cui il committente chieda il risarcimento dei danni per l’inesatto adempimento ma non l’eliminazione diretta dei vizi e delle difformità, l’appaltatore conserva il diritto a ricevere il corrispettivo.
In altre parole, se l’opera è stata integralmente eseguita ma è caratterizzata da vizi e difetti che non ne escludono totalmente la sua utilità, il committente ha diritto al risarcimento dei danni ma non può parimenti rifiutarsi di pagare il corrispettivo.
Tale regola è applicabile tanto all’appaltatore quanto al direttore dei lavori che eventualmente dovesse essere ritenuto corresponsabile della presenza dei vizi e difetti.
Il principio di diritto espresso dalla Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 27042 del 18 ottobre 2024, ha pertanto ribaltato le pronunce del Tribunale e della Corte d’Appello, enunciando il seguente principio di diritto: “Nel contratto d’opera intellettuale, qualora il committente non richieda la risoluzione del contratto per inadempimento ma solo il risarcimento dei danni, il professionista mantiene il diritto al compenso per la prestazione eseguita. La domanda risarcitoria non comporta la risoluzione del contratto, e le ragioni del committente possono trovare tutela in essa, purché non si tratti di vizi tali da rendere l’opera completamente inutilizzabile.”.
Nel caso di specie, pertanto, la Corte di Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello, la quale dovrà risolvere il caso adeguandosi al principio di diritto sopra menzionato.
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